27 GENNAIO

27 GENNAIO, L’INCONTRO DEGLI STUDENTI DELL’ASPRONI CON EDITH BRUCK

In occasione della giornata della Memoria giovedì 23 gennaio tutte la classi del liceo Asproni hanno partecipato alla conferenza online organizzata dall’ Università Giustino Fortunato con la presenza di Edith Bruck deportata ungherese della Shoah. Una preziosa occasione di riflessione arrivata da una sopravvissuta agli orrori nazi-fascisti. All’ evento hanno partecipato migliaia di studenti collegati da tutta l’Italia che hanno inviato domande a Edith Bruck suscitando interesse e curiosità sulla sua esperienza di vita.

1945-2025: 80 ANNI DALLA TRAGEDIA DELLA SHOAH

Oggi 27 gennaio, Giornata della Memoria, ricorrono gli 80 anni dalla scoperta dei campi di concentramento nazisti, un anniversario che ci invita a riflettere profondamente su uno dei capitoli più oscuri della storia umana. L’apertura dei cancelli di Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen e altri campi da parte degli Alleati nel 1945 rivelò al mondo la portata dell’orrore del genocidio nazista.

Questi luoghi, progettati per l’annientamento sistematico di milioni di persone, furono il teatro di atrocità indescrivibili. Gli ebrei furono le principali vittime dell’Olocausto, ma anche Rom, disabili, oppositori politici, omosessuali e altre minoranze subirono persecuzioni e stermini. La scoperta dei campi mise a nudo l’estrema brutalità del regime nazista e segnò un punto di svolta nella comprensione delle capacità distruttive dell’odio e dell’intolleranza.

Ottant’anni dopo, il ricordo di quei crimini è più importante che mai. La memoria è una responsabilità collettiva: serve non solo a onorare le vittime, ma anche a prevenire che simili tragedie possano ripetersi. In un’epoca in cui il negazionismo e l’antisemitismo trovano ancora spazio, è cruciale educare le nuove generazioni sugli orrori del passato.

Il 2025 può essere l’occasione per rinnovare l’impegno verso i valori di dignità umana, uguaglianza e rispetto. Attraverso eventi commemorativi, mostre, conferenze e testimonianze dirette di sopravvissuti, possiamo continuare a tramandare la storia e a riflettere sul nostro ruolo nella costruzione di una società più giusta e inclusiva.

Ricordare i campi di concentramento significa anche interrogarsi sulle dinamiche che portarono a tali atrocità: il pericolo della disumanizzazione dell’altro, il ruolo della propaganda e la responsabilità di chi scelse di non agire. Ogni anniversario è un monito e un appello alla vigilanza.

Ottant’anni dopo, le immagini dei campi di concentramento continuano a scuotere le coscienze e a ricordarci che l’umanità deve sempre lottare contro l’odio e la violenza. La memoria non è solo un dovere verso il passato, ma una guida fondamentale per il futuro.

27 GENNAIO, IL GRIDO DEI DIMENTICATI a cura della Classe 3^E

Anche quest’anno ci ritroviamo, in questa giornata di memoria e silenzio,a ricordare chi non c’è più, chi è stato strappato da mani umane, eliminato da uomini come lui.

Ricordiamo chi è morto di stanchezza, schiacciato dal peso dello sfruttamento, e chi, sopraffatto dal dolore, ha scelto di andarsene, consumato da una sofferenza troppo grande per il cuore.

27 GENNAIO, “NEL FORNO BRUCIAVAN…” di SALVATORE DELUIGI (4^B)

Nel forno bruciavan malamente
I corpi di coloro ch’erano rei
Principalmente di essere ebrei
O di esser diversi sessualmente

Tanti brutti ricordi indelebili nel cuore
Lasciati dal campo di concentramento
Sembran congelati dal gelido vento
Narrati ancora per evitare quell’errore

Raccontan senza sosta i sopravvissuti
Della crudeltà e cattiveria del soldato
Che indifferente e per ordine di stato
Non prova pietà per quei detenuti

È bene tutto questo non dimenticare
Affinché non si ripeta il fatale errore
E venga sempre condannato l’orrore
Che deve portare tutti a ragionare

SALVATORE DELUIGI, Classe 4^B

27 GENNAIO, “PURIFICAZIONE MACCHIATA” di VALERIA CONTU (5^A)

Non ho più visto mia madre
Con le mani arrossate
I sogni ammassati di bene
Ho lasciato mia madre

Siederà ora stanca dei giorni
Con milioni digiuni del tempo
Tra vacui fantasmi
e sangue lavato

Come fosse catarsi
delle colpe d’un mondo
il sadismo
e il secondo peccato dell’uomo

Nei pianti percossi
si è spento il genere umano
Nel fiore fasullo
che siamo incolpevoli

La poesia è dedicata alla profonda sofferenza che milioni di persone hanno dovuto patire a causa della cattiveria umana. Ecco qualche precisazione ad alcuni rimandi ed espressioni usate.

L’esordio è un riferimento alla testimonianza di Edith Bruck, che racconta come un soldato l’abbia separata dalla madre, dicendole di andare a destra e quindi ai lavori forzati, mentre la madre sarebbe andata a sinistra e quindi nella camera a gas. La seconda strofa si sofferma sulla morte della madre. L’espressione “Digiuni del tempo” si riferisce a coloro che sono stati uccisi presto, in particolare i bambini, mentre “Sangue lavato” ha due significati: possiamo pensare alla speranza che la morte ponga fine a tutte le sofferenze – e quindi il “sangue lavato” sono le atrocità terminate –oppure anche all’intenzione nazista di eliminare una “razza” e purificare quella tedesca; “Catarsi delle colpe d’un mondo” riguarda il “sacrificio” degli ebrei per le colpe e i mali dei tedeschi. Infatti, Hitler ha attribuito agli ebrei diverse colpe, tra cui la sconfitta tedesca durante la prima guerra mondiale. Il “lavarsi dalle proprie colpe con il sangue altrui” è un rimando alla parola olocausto, la più retta forma di sacrificio del giudaismo, che viene usata anche per descrivere il genocidio degli ebrei. Con l’espressione “secondo peccato dell’uomo” ci si riferisce alla tendenza umana a scaricare sugli altri le proprie colpe: dopo aver disobbedito a Dio, Adamo si rende conto di essere nudo e si nasconde: <<(Dio) riprese: “Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?”. Rispose l’uomo: “La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato”.>> (Genesi 3:11-12 CEI 2008).

VALERIA CONTU, Classe 5^A

Ogni tentativo di giustificare quello che non è altro che desiderio di sangue e di prevaricazione è un insulto alla vita; così come l’indifferenza che l’uomo dimostra di fronte a certi crimini o l’assenza di una condanna pubblica di ciò che è evidentemente sbagliato è ugualmente una colpa. Da cui, “Ventotto apolitici più 3 fascisti eguale 31 fascisti” (Don Lorenzo Milani, Lettera a una professoressa).

27 GENNAIO, PER NON DIMENTICARE

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005 decreta il Giorno della Memoria al fine di commemorare tutte le vittime dell’Olocausto. La data del 27 gennaio è legata al fatto che in quel giorno nel 1945 le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. La Liberazione dei sopravvissuti di Auschwitz e le loro testimonianze rendono noto per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio nazista. La tragedia immane dell’Olocausto ha toccato il cuore di moltissimi autori e poeti. Di seguito alcuni testi poetici tra i più significativi, affidati alle voci degli alunni della classe III C: Margherita Baragliu, Claudia Beccu, Rosalia Bruno, Davide Carta, Teresa Cerullo, Eleonora Cottu, Sofia Cucca, Giada Deiana, Francesco Paffi, Mariantonia Podda, Greta Vitzizzai prestano le loro voci per condividere le espressioni poetiche, le emozioni, i sentimenti scaturiti da pagine tanto dolorose e buie della Storia. La poesia è testimonianza luminosa, memoria e ricordo che vince l’oblio.

Coordinamento didattico: Venturella Frogheri

Aprile di Anna Frank

Prova anche tu,
una volta che ti senti solo
o infelice o triste,
a guardare fuori dalla soffitta
quando il tempo è così bello.

Non le case o i tetti, ma il cielo.

Finché potrai guardare
il cielo senza timori,
sarai sicuro
di essere puro dentro
e tornerai
ad essere felice.

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Auschwitz di Peter Paul Wiplinger

Considerare ogni parola
sugli oggetti
sugli occhiali
sulle scarpe
sui capelli tagliati
sulle brune valigie
con i nomi
immagini di dolore
documenti d’orrore
le scatole ammassate
di Zyklon B
le bambole rotte
nella vetrina
le lunghe file
nella latrina
i ferrigni attrezzi
nel crematorio
considerare ogni parola
su la realtà
ad Auschwitz
sbocciano rose rosse
e il cielo
è blu.

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C’è un paio di scarpette Rosse di Joyce Lussu

C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede
ancora la marca di fabbrica
“Schulze Monaco”.

C’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio
di scarpette infantili
a Buchenwald.

Più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald.
Servivano a far coperte per i soldati.
Non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas.

C’è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald.
Erano di un bimbo di tre anni,
forse di tre anni e mezzo.
Chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni,
ma il suo pianto
lo possiamo immaginare,
si sa come piangono i bambini.

Anche i suoi piedini
li possiamo immaginare.
Scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perché i piedini dei bambini morti
non crescono.

C’è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald,
quasi nuove,
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole…

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Il Piccolo Giardino di Frantisek Bass

Il piccolo il giardino
profumato di rose,
è stretto il sentiero
dove corre il bambino:
un bambino grazioso
come il bocciolo che si apre:
quando il bocciolo si aprirà
il bambino non ci sarà.

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L’appello del mattino di Krystyna Zywulska,

Il sole sorge sul campo di Auschwitz,
splendente di un bagliore roseo
stiamo tutti in fila, giovani e vecchi,
mentre nel cielo scompaiono le stelle.
Ogni mattino stiamo qui per l’appello
Ogni giorno, con la pioggia o con il sole
sui nostri volti sono dipinti
dolore, disperazione, tormento.
Forse proprio ora, in queste ore grigie,
a casa mia piange un bambino
forse mia madre sta pensando a me…
La potrò mai rivedere?
In questo momento è bello sognare ad occhi aperti,
forse proprio ora il mio innamorato mi pensa
Ma, Dio non voglia, se
andassero a prendere anche lui?
Come su uno schermo argentato
l’azione continua splendida
poco lontano arriva qualcuno
in una limousine nuova e brillante.
Scendono con lentezza e con grazia,
le “Aufseherinnen” (1) indossano abiti blu.
Ci trasformiamo immediatamente in pilastri di sale,
numeri, nullità inanimate.

Ci contano con arroganza sprezzante
loro, la razza più nobile
sono i tedeschi, la nuova avanguardia
che conta la marmaglia a strisce, senza volto.
All’improvviso, come per una scossa elettrica, rabbrividiamo
al pensiero che simile a un razzo ci balena in testa
costei deve essere anche una moglie o una madre
una donna… E anche io sono una donna…
La pellicola sensazionale si svolge lentamente
“Achtung!” Sistemare la fila!
Questo è un momento davvero speciale,
si avvicina il “Lagerkommandant”.
È possibile che il mondo sia tanto pericoloso?
Un fischio e, in un attimo, il silenzio
fra di noi pronunciamo una preghiera quieta
ma c’è qualcuno che ci può sentire?
Il sole è di nuovo alto nel cielo, brillanti e rosei sono
i suoi raggi. O Dio caro, ti chiediamo
arriveranno giorni migliori?

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La farfalla di Pavel Friedman

L’ultima, proprio l’ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
così gialla, così gialla!

L’ultima
volava in alto leggera,
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà già la mia settima settimana
di ghetto: i miei mi hanno ritrovato qui
e qui mi chiamano i fiori di ruta
e il bianco candeliere del castagno
nel cortile.
Ma qui non ho visto nessuna farfalla.
Quella dell’altra volta fu l’ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.

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Mattino di Selma Meerbaum-Eisinger

Il vento canta la sua ninna nanna
con un fruscìo di sogno,
teneramente adula le foglie.
Mi lascio sedurre e spio quel canto
e mi sento come i prati.

Scrosci nell’aria
rinfrescano il mio viso
cocente, racchiuso nell’attesa.
Nuvole in viaggio riversano la bianca
luce che hanno rubato al sole.

La vecchia acacia
spande il suo silenzio
nel tremulo intrico di foglie.
Gli aromi della terra si alzano, salgono
e scendono poi su di me.

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Museo di Auschwitz di Michael Etkind

Capelli morti
che un tempo abbellirono
il capo di giovani donne
ed ora giacciono
dietro vetro trasparente.

Scarpe vecchie
che calzarono i loro piedi
e li condussero qui.
E vecchi occhiali,
denti finti,
alcune stampelle, e
qualche protesi.

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Se questo è un uomo di Primo Levi

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome,
senza più forza di ricordare,
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa, andando per via,
coricandovi, alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

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Da domani Poesia di un ragazzo trovata in un Ghetto nel 1941

Da domani sarà triste, da domani.
Ma oggi sarò contento,
a che serve essere tristi, a che serve.
Perché soffia un vento cattivo.

Perché dovrei dolermi, oggi, del domani.
Forse il domani è buono, forse il domani è chiaro.
Forse domani splenderà ancora il sole.
E non vi sarà ragione di tristezza.

Da domani sarà triste, da domani.
Ma oggi, oggi sarò contento,
e ad ogni amaro giorno dirò,
da domani, sarà triste,

Oggi no.

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Filo spinato di Peter, bambino ebreo ucciso dai nazisti nel ghetto di Terezin

Su un acceso rosso tramonto,
sotto gl’ippocastani fioriti,
sul piazzale giallo di sabbia,
i giorni sono tutti uguali,
belli come gli alberi fioriti.

È il mondo che sorride
e io vorrei volare. Ma dove?

Un filo spinato impedisce
che qui dentro sboccino fiori.
Non posso volare.
Non voglio morire.

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La casa di Frantisek Bass

Fisso e fisso il vasto mondo,
il mondo vasto e distante,
fisso e fisso verso sud-est,
fisso e fisso verso casa mia.
Fisso e fisso verso casa,
verso la città dove sono nato.
Oh, mia città, mia città natale,
con quale gioia tornerei da te.

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Nostalgia della casa, di autore Anonimo

È più di un anno che vivo al ghetto
nella nera città di Terezin
e quando penso alla mia casa
so bene di che si tratta.
O mia piccola casa, mia casetta,
perché m’hanno strappato da te,
perché m’hanno portato nella desolazione,
nell’abisso di un nulla senza ritorno?

Oh, come vorrei tornare
a casa mia, fiore di primavera!
Quando vivevo tra le sue mura
io non sapevo quanto l’amavo
Ora ricordo quei tempi d’oro
presto ritornerò, ecco già corro.

Per le strade girano i reclusi
e in ogni volto che incontri
tu vedi che cos’è questo ghetto,
la paura e la miseria.
Squallore e fame, questa è la vita
che noi viviamo quaggiù,
ma nessuno si deve avvedere:

la terra gira e i tempi cambieranno.
Che arrivi dunque quel giorno
in cui ci rivedremo, mia piccola casa!
Ma intanto preziosa mi sei
perché mi posso sognare di te.

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Auschwitz di Salvatore Quasimodo 

Laggiù, ad Auschwitz, lontano dalla Vistola,
amore, lungo la pianura nordica,
in un campo di morte: fredda, funebre,
la pioggia sulla ruggine dei pali
e i grovigli di ferro dei recinti:
e non albero o uccelli nell’aria grigia
o su dal nostro pensiero, ma inerzia
e dolore che la memoria lascia
al suo silenzio senza ironia o ira.

Tu non vuoi elegie, idilli: solo
ragioni della nostra sorte, qui,
tu, tenera ai contrasti della mente,
incerta a una presenza
chiara della vita. E la vita è qui,
in ogni no che pare una certezza:
qui udremo piangere l’angelo il mostro
le nostre ore future
battere l’al di là, che è qui, in eterno
e in movimento, non in un’immagine
di sogni, di possibile pietà.
E qui le metamorfosi, qui i miti.
Senza nome di simboli o d’un dio,
sono cronaca, luoghi della terra,
sono Auschwitz, amore. Come subito
si mutò in fumo d’ombra
il caro corpo d’Alfeo e d’Aretusa!

Da quell’inferno aperto da una scritta
bianca: “Il lavoro vi renderà liberi”
uscì continuo il fumo
di migliaia di donne spinte fuori
all’alba dai canili contro il muro
del tiro a segno o soffocate urlando
misericordia all’acqua con la bocca
di scheletro sotto le docce a gas.
Le troverai tu, soldato, nella tua
storia in forme di fiumi, d’animali,
o sei tu pure cenere d’Auschwitz,
medaglia di silenzio?

Restano lunghe trecce chiuse in urne
di vetro ancora strette da amuleti
e ombre infinite di piccole scarpe
e di sciarpe d’ebrei: sono reliquie
d’un tempo di saggezza, di sapienza
dell’uomo che si fa misura d’armi,
sono i miti, le nostre metamorfosi.
Sulle distese dove amore e pianto
marcirono e pietà, sotto la pioggia,
laggiù, batteva un no dentro di noi,
un no alla morte, morta ad Auschwitz,
per non ripetere, da quella buca
di cenere, la morte.

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Ricordatevi di Benjamin Fondane

Ricordatevi solo che ero innocente
e che, come voi, mortali di quel giorno,
avevo avuto, anch’io, un volto segnato
dalla collera, dalla pietà e dalla gioia,
un volto d’uomo, semplicemente!

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Olocausto di Barbara Sonek

Abbiamo suonato, abbiamo riso
eravamo amati.
Siamo stati strappati dalle braccia dei nostri
genitori e gettati nel fuoco.
Non eravamo altro che bambini.
Abbiamo avuto un futuro. Saremmo diventati avvocati, rabbini, mogli, insegnanti, madri. Avevamo dei sogni, quindi non avevamo speranze. Siamo stati portati via nel cuore della notte come bestiame in macchina, senza aria per respirare soffocando, piangendo, morendo di fame, morendo. Separato dal mondo per non esserci più. Dalle ceneri, ascolta il nostro appello. Questa atrocità per l’umanità non può ripetersi. Ricordati di noi, perché eravamo i bambini i cui sogni e vite furono rubati.


ASCOLTA I PODCAST SUL 27 GENNAIO A CURA DEGLI ALUNNI DELLA CLASSE 3^C

NOTE SU MEMORIA E RICORDO


La memoria non è ciò che ricordiamo, ma ciò che ci ricorda. La memoria è un presente che non finisce mai di passare.

(Octavio Paz)


Le parole del poeta messicano Octavio Paz, premio Nobel per la letteratura nel 1990, si attagliano efficacemente a definire l’importanza della memoria: una espressione profondissima in grado di sollecitare il lettore e che in forme particolarmente dense di significato contiene insieme i concetti di memoria e ricordo. Si tratta di due termini che spesso utilizziamo indifferentemente come se fossero sinonimi ma che, come afferma Soren Kierkegaard nell’opera In Vino veritas, non corrispondono esattamente allo stesso concetto. Sia la memoria sia il ricordo permettono di preservare e quindi rivivere le esperienze, i fatti, le azioni, le emozioni del passato, ma sono legati a sfumature e suggestioni diverse. La parola ricordo trova la sua origine etimologica nel latino “re-cordor” e contiene in sé il termine “cuore”, si lega pertanto alla sfera tutta soggettiva, personale ed intima dei sentimenti, implica il potere di “richiamare al cuore” quanto abbiamo vissuto. La memoria, dal greco “μιμνῄσκω”, è una attività della mente, attiene all’ambito dell’intelletto. La memoria, afferma Octavio Paz, è ciò che ci ricorda: molte possono essere le interpretazioni di una locuzione così pregnante: si può dire che la memoria riporta al cuore chi davvero siamo, connette la nostra mente, con il suo potere conoscitivo, le sue facoltà di formazione di concetti, di comprensione, al nostro cuore, agli affetti, alle passioni, ai sentimenti. Per dirla con Borges: “noi siamo la nostra memoria”. Ed è la memoria il legame che annoda il passato, sedimentato in noi, alla cognizione autentica del presente, un presente che non finisce mai di passare: e sulla base di tale consapevolezza che può essere presupposta l’edificazione del futuro. Fare memoria storica entro una prospettiva critica esercitata dalle facoltà intellettive permette di acquisire conoscenze ed operare una analisi volta a comprendere gli eventi del passato, interpretare il presente, e quindi capire il nostro tempo in forme consapevoli e responsabili, nonchè ricavare moniti ed insegnamenti per il futuro. Ricordare ciò che è stato attivando i sentimenti significa però anche sforzarsi di maturare una conoscenza per così dire empatica, capace di generare compassione, comprensione autentica degli stati d’animo, dei sentimenti, delle gioie e delle sofferenze sottesi agli avvenimenti del passato, sottraendo all’oblio del tempo che tutto divora il ricordo di coloro che ci hanno preceduti.
Una riflessione che si fa prepotentemente urgente in occasione del prossimo 27 gennaio, Giornata della memoria, istituita per non dimenticare le vittime dell’Olocausto e mantenere viva la coscienza di tutti e di ciascuno su una delle pagine più tenebrose e drammatiche del XX secolo. l’Olocausto e le atrocità e le violenze ad esso connesse, per assumere scelte responsabili finalizzate ad evitare che simili orrori si ripetano, mentre anche il nostro tempo è drammaticamente attraversato da forme di discriminazione e odio in varie forme e in molte regioni del mondo. Un memento indispensabile perché, come affermava Primo Levi, “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.


Venturella Frogheri


ASCOLTA IL PODCAST

NOTE SU “AUSCHWITZ” DI PETER PAUL WIPLINGER, A CURA DI VENTURELLA FROGHERI*


Considerare ogni parola
sugli oggetti
sugli occhiali
sulle scarpe
sui capelli tagliati
sulle brune valigie
con i nomi
immagini di dolore
documenti d’orrore
le scatole ammassate
di Zyklon B
le bambole rotte
nella vetrina
le lunghe file
nella latrina
i ferrigni attrezzi
nel crematorio
considerare ogni parola
su la realtà
ad Auschwitz
sbocciano rose rosse
e il cielo
è blu
.


Che cosa significa entrare in un luogo della memoria come il museo di Auschwitz, luogo nel quale si è consumato il più grande genocidio della storia, simbolo di orrore e sofferenze indicibili? In primis vuol dire rendere onore alla memoria delle vittime ed educare alla riflessione sulle nefaste conseguenze dell’odio razziale e dell’intolleranza.
Peter Paul Wiplinger, scrittore, pubblicista e fotografo austriaco, vincitore di prestigiosi premi letterari, è un nome forse poco conosciuto in Italia, ma la sua poesia “Auschwitz” merita davvero di essere non soltanto letta ma soprattutto attentamente meditata per il profondo significato e le valenze autentiche che offre al lettore, attraverso uno stile semplice, asciutto, e perciò stesso efficacemente icastico.
Considerare ogni parola sugli oggetti: l’incipit del componimento contiene un vero e proprio imperativo categorico netto, che allude al dovere inderogabile di esaminare attentamente, osservare con scrupolo. Lo sguardo deve appuntarsi sugli oggetti un tempo appartenuti a vittime innocenti, pietosamente raccolti ed esposti: occhiali, scarpe, capelli tagliati, valigie con i nomi, bambole rotte…Sono semplici oggetti, ma forse sono anche qualcosa di più, poiché rimandano idealmente a gesti, immagini, volti che vengono da lontano, richiamano delle storie : sono cose che un tempo sono state vive, che ancora contengono trame di vita, impigliate in emozioni, sensazioni, ricordi; cose che hanno accompagnato lungo le loro esistenze passi di uomini, donne, bambini che non ci sono più, i cui sogni sono stati troncati, le cui vite sono ormai infrante. Cose che hanno incorporato idee, affetti, cose che continuano ad essere deposito di sentimenti e che ora giacciono, racchiuse entro le vetrine di un museo, luogo della memoria collettiva, come struggenti, strazianti testimonianze di vite comuni, comunque uniche nella loro ferialità, spezzate dall’orrore e che non possono né devono essere dimenticate: immagini di dolore/documenti d’orrore. Fuori intanto sbocciano rose rosse/ e il cielo/è blu. La vita continua, con i suoi colori, i suoi profumi, la sua straordinaria intensità che sembra rispondere ad una continua istanza di rigenerazione e di rinascita, e diventa promessa di futuro. La natura continua a manifestare la sua bellezza incontaminata e l’incanto di uno splendore che si afferma con forza inesausta e che tenacemente si oppone alle brutture, alle nefandezze, agli orrori, alle violenze perpetrate dagli uomini contro altri uomini, quasi a voler indicare una via di speranza, di riscatto. Perché la vita vince la morte e la bellezza ha il potere di elevare le anime degli uomini, di redimerle, e quindi di salvare il mondo. Tanto più urgente e necessario e inderogabile il dovere di considerare ogni parola su la realtà, riflettere su ciò che è stato, esserne consapevoli per non dimenticare. L’Olocausto – ha detto Primo Levi – è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria.

*docente di Lettere al Liceo Classico e Linguistico Asproni

27 GENNAIO: L’ASPRONI RICORDA LA SHOAH

Non un volto, non un’anima, ma un numero“, Federico Cuccui 5^F

La Giornata della Memoria 2024: Ricordare per Costruire un Futuro di Pace

Il 27 gennaio di ogni anno, la comunità internazionale si unisce per commemorare la Giornata della Memoria, un momento solenne dedicato a ricordare le vittime dell’Olocausto e a riflettere sull’importanza di preservare la memoria storica per prevenire futuri orrori simili. Il 27 gennaio 2024 non fa eccezione, e in tutto il mondo, cerimonie, eventi educativi e momenti di riflessione coinvolgono persone di ogni età, etnia e provenienza.

Il Significato della Giornata della Memoria

La Giornata della Memoria è stata istituita per commemorare le vittime dell’Olocausto, il genocidio perpetrato dal regime nazista durante la Seconda Guerra Mondiale. Questo giorno è scelto perché il 27 gennaio 1945, le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, rivelando al mondo l’orrore e la brutalità degli atti compiuti dal regime di Adolf Hitler.

Oltre a ricordare le sei milioni di vittime ebree, la Giornata della Memoria è un momento per commemorare tutti coloro che sono stati perseguitati e uccisi a causa della loro razza, religione, orientamento sessuale o convinzioni politiche. Questo giorno serve anche come monito contro l’odio, la discriminazione e l’indifferenza, sottolineando l’importanza di preservare la dignità umana e la giustizia sociale.

Eventi in tutto il Mondo

In tutto il mondo, le persone si riuniscono per partecipare a diverse iniziative legate alla Giornata della Memoria. Le cerimonie ufficiali, gli incontri educativi e le mostre storiche mirano a sensibilizzare il pubblico sulla necessità di ricordare il passato per costruire un futuro migliore.

Le istituzioni educative svolgono un ruolo cruciale, organizzando conferenze, seminari e proiezioni di film che approfondiscono la comprensione dell’Olocausto e delle conseguenze dell’indifferenza. Gli insegnanti dedicano tempo nelle scuole per educare le nuove generazioni sulla storia oscura del XX secolo, cercando di trasmettere valori di tolleranza, rispetto e comprensione.

Il Ruolo dei Media e della Tecnologia

I mezzi di comunicazione e la tecnologia giocano un ruolo significativo nel diffondere il messaggio della Giornata della Memoria. Attraverso documentari, interviste, articoli e post sui social media, il pubblico è costantemente informato sulla storia dell’Olocausto e sull’importanza di ricordare le atrocità del passato per evitare che si ripetano in futuro.

Costruire un Futuro di Pace

La Giornata della Memoria non è solo un momento di commemorazione, ma anche un impegno a costruire un futuro di pace, giustizia e rispetto reciproco. Rendere omaggio alle vittime dell’Olocausto e delle persecuzioni passate è un atto di responsabilità collettiva che ci ricorda la fragile natura della libertà e della dignità umana.

Nel 2024, mentre riflettiamo sulle lezioni del passato, è imperativo agire con determinazione per contrastare ogni forma di discriminazione, odio e intolleranza. Solo attraverso l’educazione, la memoria e il rifiuto di dimenticare possiamo sperare di costruire un mondo dove la diversità è celebrata e la pace è la priorità.

Amanda Carzedda, 5F

IL MURO DELLA MEMORIA

Anche le Classi 3C e 4B, sotto la supervisione della prof.ssa Antonella Spada, docente di Storia e Filosofia, ha dato il suo prezioso contributo alla ricorrenza del 27 gennaio. Gli alunni hanno “eretto” un ideale muro di parole e di riflessioni sul significato di questa giornata. In occasione della Giornata della Memoria, in tutte le classi del Liceo Asproni sono stati realizzate attività e vissuto momenti in ricordo delle vittime dell’Olocausto. Chi con la realizzazione di alcuni podcast, chi con laboratori didattici durante le ore di lezione. Tanti tasselli che, una volta uniti, hanno offerto un quadro d’insieme sulla necessità di ricordare una delle pagine più buie della storia.

I RAGAZZI DELLA 3^B E DELLA 5^A INCONTRANO I RAGAZZI DELLA ROSA BIANCA

Gli alunni delle classi 3^B e 5^A, coordinati dalla prof.ssa Antonella spada, docente di Storia e Filosofia, hanno approfondito la storia dei ragazzi della Rosa Bianca (in lingua tedesca: Die Weiße Rose) un gruppo di studenti cristiani che si opposero in modo nonviolento al regime della Germania nazista. La Rosa Bianca fu attiva dal giugno 1942 al febbraio 1943, quando i principali componenti del sodalizio vennero arrestati, processati e condannati a morte mediante decapitazione.

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Il gruppo era composto da cinque studenti: i fratelli Hans e Sophie Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell e Willi Graf, tutti poco più che ventenni. A essi si unì un professore, Kurt Huber, che stese gli ultimi due opuscoli. Operativo a Monaco di Baviera, pubblicò sei opuscoli, che chiamavano i tedeschi a ingaggiare la resistenza passiva contro il regime nazista. Un settimo opuscolo, che potrebbe essere stato preparato, non venne mai distribuito, perché il caddero nelle mani della Gestapo. Sebbene i membri della Rosa Bianca fossero tutti studenti all’Università Ludwig Maximilian di Monaco, avevano partecipato alla guerra sul fronte francese e su quello russo, dove furono testimoni delle atrocità commesse contro gli ebrei e sentirono che il rovesciamento delle sorti che la Wehrmacht soffrì a Stalingrado avrebbe alla fine portato alla sconfitta della Germania. Essi rigettavano la violenza della Germania nazista di Adolf Hitler e credevano in un’Europa federale che aderisse ai principi cristiani di tolleranza e giustizia. 


LEGGI GLI APPROFONDIMENTI REALIZZATI DAGLI ALUNNI DELLE CLASSI 3^B e 5^A


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