NOTE A MARGINE DELLO SPETTACOLO TEATRALE DAL “SIMPOSIO” DI PLATONE

Gli accoglienti locali del teatro San Giuseppe di Nuoro hanno ospitato il giorno giovedì 23 Novembre una bellissima rappresentazione teatrale tratta dal “Simposio” di Platone, dinnanzi ad un pubblico particolarmente attento e seriamente coinvolto, costituito dagli alunni di diverse classi del Liceo Classico “G. Asproni”. Assistere allo spettacolo ha permesso ai ragazzi e ai docenti che li accompagnavano di immergersi idealmente nel racconto di un banchetto, in una serata ateniese del 416 a.C., a casa di Agatone, importante tragediografo che festeggia la sua vittoria al concorso tragico delle Lenee. Ospiti le più brillanti personalità dell’epoca: il retore Fedro, Pausania “sociologo” e antropologo, il medico Erissimaco, il commediografo Aristofane, Alcibiade politico e consigliere militare, il filosofo Socrate. Il tema della serata, attorno al quale convergono le riflessioni dei protagonisti, è l’amore e tutti i convitati si impegnano in una sorta di vera e propria sfida per tenere il discorso più bello in onore di Eros, il Dio dell’Amore. Il “Simposio” di Platone (composto intorno al 380 a.C.) è da molti considerato una delle più belle e pregnanti conversazioni di tutta la letteratura occidentale, e, se esiste nella nostra civiltà il testo sull’amore cui ogni testo successivo non può che ricondursi, questo è proprio il “Simposio”. Giunta quasi alla metà del suo terzo millennio di vita, l’opera mantiene ancora oggi le sue connotazioni di immediatezza e di profondità, confermando ancora una volta le parole di Italo Calvino sui classici, “opere che non hanno mai finito di dire quello che dovevano dire”. La rappresentazione ha indubbiamente raggiunto l’intento di offrire uno strumento complementare in grado di produrre emozioni, per così dire, didattiche, capaci cioè di far meglio assaporare il gusto dello studio. La riduzione e la drammatizzazione del testo di Platone, finalizzata a renderlo fruibile ed illuminante per un pubblico giovane, ha costituito una bella prova di bravura e di impegno per gli attori protagonisti, che al termine dello spettacolo si sono confrontati con il pubblico, offrendo una serie di significative sollecitazioni critiche, riguardanti in modo particolare il significato dell’esperienza teatrale e soprattutto la concezione platonica per cui la condizione di costitutiva mancanza dell’essere umano e il suo sentirsi intrinsecamente incompleto è alimentato dall’amore, da intendersi come la possibilità di fare della propria mancanza un dono. Nel nostro tempo, sempre più drammaticamente connotato da tragiche notizie di violenza, di egoistica sopraffazione, di morte, questa riflessione assume un valore di indubbia pregnanza e di profondo significato. E’ importantissima la concezione platonica per cui l’Eros si impossessa di noi, e pertanto è in grado di trasformarci, rappresenta un’opportunità di costante miglioramento di sè, è libertà, mai potrebbe diventare costrizione o violenza, e grazie alla sua forza inalienabile, è fecondo, autenticamente generativo. In questo senso si assimila sicuramente alla paideia, termine coniato dagli antichi Greci per definire la formazione dei futuri cittadini: un modello pedagogico legato particolarmente alla formazione, non soltanto alla istruzione intesa come mera trasmissione di concetti. Con la paideia infatti si faceva riferimento anche allo sviluppo morale, etico e spirituale dell’individuo, prassi necessaria al fine di rendere i futuri cittadini liberi e completi in vista del loro proficuo ingresso nella società. Platone vede nell’amore la forza che spinge l’uomo alla ricerca, stimolando il desiderio della sapienza e della bellezza, in una parola del Bene. Diviene quindi fondamentale contemplare la <> e volgere <>. Nel momento in cui la scuola offre ai ragazzi la possibilità così arricchente di conoscere tali concetti, di confrontarsi con queste idee, assolve pienamente ed efficacemente il suo ruolo altamente educativo, che passa anche attraverso una vera e propria educazione alla bellezza, esperienza del cuore e dell’anima capace di nutrirci di sentimenti positivi che possono poi tradursi in gesti di gentilezza, di comprensione di sé e degli altri, di empatia.


Venturella Frogheri

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