NOTE SU “MAESTRE DELL’UNIVERSITA’ SCONOSCIUTA” DI BASTIANA MADAU

di Venturella Frogheri*

“Maestre dell’università sconosciuta” è il significativo titolo della recente opera di Bastiana Madau edita nella “Piccola collana di memorie”, ideata da Salvatore Tola e pubblicata dalla Soter editrice.

L’autrice, laureata in Filosofia all’università La Sapienza di Roma, per molti anni direttrice delle biblioteche comunali di Orani e di Orgosolo, ha lavorato come editor, critica letteraria, conduttrice di laboratori di educazione alla lettura e alla scrittura.

Ha ideato e cura la rassegna culturale “Quando tutte le donne del mondo”, nota come “QuFestival”, giunta alla quinta edizione.

Tra le sue pubblicazioni, il romanzo Nascar (Poliedro, 2003) e Simone, le Castor. La costruzione di una morale (Cuec, 2016, 2a ed. 2017, Premio “Osilo” per la saggistica).

Con “Maestre dell’università sconosciuta” Bastiana Madau conferma il suo talento di ricercatrice curiosa, accurata ed attenta, animata da una autentica passione per la cultura, conducendo il lettore in un avvincente itinerario nella memoria di figure e situazioni che hanno segnato la sua formazione e che è insieme una indagine critica di spessore etnografico ed antropologico ed una ricerca poetica.

Conviene forse partire dal titolo del libro, che in modo particolarmente pregnante l’autrice spiega nella premessa: l’etimologia della parola maestro deriva dal latino magister = maestro, a sua volta dall’unione di magis = grande + il suffisso comparativo -ter. Perciò, in senso squisitamente etimologico, maestro significa “il più grande”, cioè il più esperto, il più competente in relazione ad una disciplina, una materia, ad un’arte, ad una abilità, tale da essere quindi, per la sua autorevolezza, il punto di riferimento per chi voglia apprendere tali conoscenze. Il termine declinato al femminile plurale ed accostato alla “università sconosciuta” allude significativamente ad un complesso (universus) di conoscenze, di pratiche, di esperienze che delineano una paideia alimentata in forme legate prevalentemente alla oralità ed alla anonimità, ma non per questo meno pregnanti.

Ed è proprio alle donne che l’autrice intende dedicare la sua opera, riconoscendo le loro doti di carattere intellettuale e morale, la valenza grande del loro ruolo, l’importanza che esse rivestono nella cura, nella educazione, nella trasmissione di valori.

Il piccolo borgo di Orani, paese natale di Bastiana Madau, viene nel libro rappresentato come un microcosmo entro il quale si compie per l’autrice l’incipit di un percorso formativo affidato soprattutto alla influenza ed alla autorevolezza di mastras, sagge depositarie di un sapere atavico sapientemente custodito ed altrettanto generosamente offerto e condiviso come tesoro prezioso di insegnamenti: sapere nel senso etimologico del termine, che allude al verbo latino sapio, nel significato di aver sapore: quindi un sapere che dà sapore alla vita, che una volta autenticamente interiorizzato è in grado di far crescere in una sempre più matura consapevolezza di sé.

Uno dei motivi di interesse più rilevanti del libro riguarda sicuramente la ricostruzione, che merita di essere conosciuta e ricordata, di tale itinerario formativo che accomuna Orani a tantissime realtà della nostra Sardegna. “Per educare un bambino serve un intero villaggio”: così ci ricorda un antico proverbio africano, ad indicare l’importanza del senso di comunità, dell’essere, per dirla con le parole di Andrea Camilleri, “passeggeri di una conoscenza collettiva”.

Nel mondo antico la cultura ispirata ai valori del mos maiorum, agli insegnamenti de sos mannos si esprime attraverso fenomeni ben diversi da quelli che connotano la cultura moderna: si manifesta infatti in forma essenzialmente orale: preghiere, poesie, narrazioni, racconti sono ricordati a memoria (e ricordare significa riportare al cuore, sede dei sentimenti, delle emozioni, non solo della memoria) e tramandati di generazione in generazione.

E’ quindi assolutamente estranea alla mentalità della società arcaica la figura dell’intellettuale inteso come personalità autonoma, tale da imporsi in ragione del suo prestigio personale o della sua originalità.

Così come avviene per un manufatto artigianale, il “prodotto” letterario o culturale in senso lato ha quindi una esistenza autonoma, indipendente da colui che lo ha creato: e il termine stesso poesia, in latino pŏēsis, come giustamente riconosce Bastiana Madau in un passo del libro, si riconduce al verbo greco poiein: ποιέω significa produrre, fare, creare e poi, in senso più ampio, comporre.

Andando ancora più indietro, è possibile risalire alla radice sanscrita pu- che ha appunto il significato di generare, procreare, ed è particolarmente significativo il fatto che questi verbi si riferiscono ad una realtà femminile.

Ogni manifestazione culturale dunque accompagna e commenta per così dire gli atti fondamentali della vita sociale della comunità, il lavoro, le relazioni, le nozze, le nascite, le cerimonie religiose, i riti funebri, assolvendo ad una funzione rituale in senso lato, inerente alla convenzionalità di situazioni iterate.

Possiamo ben comprendere quanto questo processo impegni intensamente dal punto di vista emotivo, quanto sia coinvolgente dal punto di vista psicagogico.

Addentrarsi nel libro di Bastiana Madau è per il lettore una felice esperienza insieme di scoperta e di ri-scoperta, e di profondo arricchimento spirituale, che si può interpretare su diversi livelli di lettura.

Da un lato è sicuramente una sorta di nostos denso di gratitudine, di affetto e di riconoscenza per quanto ricevuto e appreso da figure familiari, donne in particolar modo, che hanno segnato le diverse tappe del suo percorso di consapevolezza: un viaggio nella memoria che fa emergere in forme vivide e icastiche figure, esperienze che non compaiono sui libri, che non appartengono alla storia “ufficiale” ma che non possono essere dimenticate “…Le pedate furtive della storia minore, quasi sempre più maestra di ogni altra…”, come scrive Gesualdo Bufalino nel suo libro “Museo d’ombre”, perché la storia minore, ovvero quella che spesso viene trascurata o ignorata, può in realtà essere più preziosa e istruttiva di quella “maggiore”.

Ed ecco allora i racconti della madre, il ricordo della maestra di scuola, le preziose voci soavemente affabulatrici delle contadoras con i loro contos magicamente suggestivi, con le filastrocche e le ninnenanne, le mastras de pane, (pane inteso naturalmente non solo come alimento ma anche e soprattutto come veicolo di messaggi e di simboli legati alle tradizioni e ai cicli della vita, confezionato e modellato ritualmente), le mastras de partu, custodi per così dire del mistero della nascita.

Un secondo piano di lettura del libro inquadra il richiamo a figure di donne sarde che in virtù della loro determinazione, della loro tenacia, delle loro indubbie, pregevolissime capacità sono riuscite ad emergere, ad emanciparsi, a lasciare tracce della loro vita e della loro opera nella nostra storia: Eleonora di Arborea, creatrice nel 1392 di quella Carta de Logu, che con i suoi 198 capitoli è considerata “il maggior monumento legislativo della Sardegna medievale” e che regolerà la vita giuridica e sociale del popolo sardo per quattro secoli; Grazia Deledda, modello di emancipazione con la sua mirabile vocazione letteraria, unica donna italiana vincitrice del Premio Nobel per la letteratura; Angela Maccioni, maestra antifascista di Nuoro perseguitata dal regime; Nereide Rudas, la prima donna, in Italia, a fondare e dirigere, nel 1978, una clinica psichiatrica, profonda conoscitrice dell’animo umano e della sua Sardegna; Maria Lai, artista sensibile conosciuta soprattutto per le sue opere tessili (e tessere è arte peculiarmente femminile: un’arte di creazione quasi magica in cui la trama si lega all’ordito collegando così le due dimensioni dell’essere, quella orizzontale del contingente, umana e terrestre, che allude alla capacità di intrecciare relazioni e legami, e quella verticale del trascendente, celeste e divina).

Anche queste figure di donne sono da intendersi pienamente quali mastras, capaci di osservare ed interpretare sé stesse, le cose e il mondo con un altro sguardo: “pur vedendo il medesimo mondo, lo vediamo con occhi diversi”, afferma Virginia Woolf ne “Le tre ghinee”.

E citandole e ricordandole con ammirazione e stima profonda Bastiana Madau le addita alla attenzione del lettore quali esempi di autentica paideia.

Affidato ad uno stile agile, connotato da una naturale immediatezza, tutto il libro è concepito come entro una fittissima trama disseminata di rimandi, di citazioni, di riferimenti culturali, dalla poesia, alla filosofia, alla antropologia, che da un lato costituiscono una sorta di ideale invito capace di sollecitare chi legge ad ulteriori letture ed approfondimenti, e dall’altro testimoniano le conoscenze approfondite e criticamente fondate maturate dall’autrice : le maestre dell’università sconosciuta che Bastiana Madau ha incontrato nel corso della sua vita hanno evidentemente svolto efficacemente il loro compito!

*Docente di Lettere

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